venerdì 23 maggio 2014

UberPop, sharing economy e una difficile via per il successo

Inizio col dire che nel caso di UberPop vanno fatte alcune considerazioni, positive, migliorative e talvolta anche critiche, il caso non è né bianco né nero; dovrebbe però dare lo spunto per un'analisi che va oltre il singolo servizio.
Il giudizio sulla legalità non è competenza del cittadino (nemmeno del Ministro dei trasporti) ma sarà un preposto della magistratura a decidere su questo aspetto. Quello che voglio fare in questo post è analizzare un servizio che parte dalla sharing economy "enabled by technology"! Questo è il punto di arrivo ineludibile, possiamo discutere ore sulla legalità o illegalità del servizio, questione che compete la legge ossia la regolamentazione della vita pacifica in un determinato territorio. Altra cosa è valutare la bontà di un progetto per i suoi risvolti sulla società per diversi fattori.


Vale la pena iniziare con la definizione di sharing economy, per comodità prendo quella in inglese da Wikipedia:

The sharing economy (sometimes also referred to as the peer-to-peer economy, mesh, collaborative economy, collaborative consumption) is a socio-economic system built around the sharing of human and physical assets. It includes the shared creation, production, distribution, trade and consumption of goods and services by different people and organizations. These systems take a variety of forms, often leveraging information technology to empower individuals, corporations, non-profits and government with information that enables distribution, sharing and reuse of excess capacity in goods and services.


Questo tipo di economia non è nuovo, anzi prima dell'innovazione della moneta (forse tra le più importanti nella storia) il commercio all'interno delle comunità veniva regolato dalla gift-economy e da economie basate sul debito. Il baratto avveniva principalmente solo tra mercanti e tra regni, ma non all'interno delle comunità. Fatto questo excursus arriviamo ai giorni d'oggi, alla tecnologia, all'economia di mercato e così via. Arriviamo a UberPop.



UberPop è un'applicazione che offre una piattaforma dove domanda e offerta di mobilità all'interno di centri urbani si incontrano. Chi offre un passaggio a determinate condizioni non è un professionista, non è un tassista e non è neppure un servizio NCC (servizio di noleggio con conducente). Il servizio viene erogato da un normale guidatore. Fermiamoci a questa analisi per il momento, lasciando da parte la parte economica. Supponiamo che il servizio sia gratuito. Una piattaforma dove coloro che necessitano di andare A a B possano chiedere un passaggio a chiunque accetti di darglielo. Questo è un tipico esempio di sharing-economy come descritto nella definizione precedente "...sharing and reuse of excess capacity in goods and services". Andando da X a Y il guidatore N fa salire M a cui serviva un passaggio da A a B che casualmente sono punti intermedi del tragitto che egli compie con la sua autovettura. Si condivide la capacità di carico non sfruttata dell'autovettura di N il quale può legalmente guidare un mezzo e decidere di farvi salire chiunque fino alla capacità consentita sulla carta di circolazione del mezzo.

Se il servizio fosse GRATUITO, così come descritto credo che tutti possiamo convenire che non vi siano problemi dal punto legale. Basti pensare che tale servizio esiste da decenni, è quello che viene concesso agli autostoppisti da casuali passati. Qual'è la differenza? Chiaramente la differenza sta nel fatto che oggi è possibile organizzare questo servizio molto più efficientemente rispetto anche solo a dieci anni fa. Cosa ha prodotto questo cambiamento? La tecnologia! Come ho evidenziando aprendo questo post, l'innovazione tecnologica è il vero motivo del cambiamento. Sempre tecnologia e l'innovazione dei processi produttivi hanno permesso a sempre più persone di avere device smart a basso costo. Grazie all'innovazione, agli avanzamenti nel campo mobile, del tracciamento GPS e via discorrendo la tecnologia ha man mano abilitato il nascere di piattaforme che una volta sviluppate hanno bisogno del minimo intervento umano per essere mantenute attive. L'interazione tra i due utenti è automatica e gestita da step successivi che forniscono dati a diversi algoritmi che fanno quello che fino a qualche anno fa veniva fatto da personale apposito, che veniva contattato per via telefonica!

L'autostoppista, dal canto suo, sale su una vettura senza sapere le condizioni psico-fisiche del conducente, senza sapere se questo ha fatto incidenti nella sua vita passata o se l'assicurazione della sua autovettura copra anche i passeggeri. E' quindi ovvio che se ne assume i rischi. Questo succede anche con UberPop, ma non mi sembra abbiano mai multato coloro che concedono passaggi agli autostoppisti, poiché chiaramente non compiono alcuna infrazione!

Arriviamo ora al fatto che crea discussione in questa vicenda. UberPop non funziona solo come intermediario tra domanda e offerta ma setta anche tariffe, gestisce i pagamenti via carta di credito e realizza una quota su ogni transazione. Introducendo il denaro, quello che il guidatore compie accordandosi con il passeggero è un contratto per una prestazione, mentre l'applicazione percepisce una quota per aver effettivamente facilitato tale transazione. E' chiaro che il prestatore di servizio, non essendo né un servizio di noleggio con conducente né un tassista non deve sottostare alle norme specifiche che interessano dette categorie. E' altrettanto chiaro che questa piattaforma costituisce una possibile forma di concorrenza rispetto all'uso di servizi come Taxi e NCC. Qualcuno dice che la piattaforma (Uber) otterrà sempre più vantaggio, se l'app continuerà a venire utilizzata, fino al punto di creare un "simil-monopolio" addirittura a discapito dei prezzi che non rientrano più a far parte di una contrattazione come quella che rispettano (più o meno) i tassisti. Ebbene, vi sono già molte piattaforme alternative a Uber che offrono servizi simili utilizzando business model diversi (ilSole24ORE ne parla in questo articolo). Essendo Uber/UberPop un servizio basato su una pluralità di prestatori di servizio (praticamente chiunque voglia farlo) e su una pluralità di richiedenti, l'unico monopolio potrebbe essere dato dalla piattaforma che però come abbiamo visto non è unica, ma ve ne sono molte altre! Sarà poi colui che vuole prestare questo servizio che deciderà se accasarsi con una piuttosto che con un'altra piuttosto che utilizzarne diverse!

La piattaforma digitale spesso elimina la necessità di servizi accessori a quello principale mettendo direttamente in comunicazione domanda e offerta. Per fare un esempio in un servizio, che non è pubblico, analizziamo velocemente iTunesStore, un gruppo o un cantante possono pubblicare un album senza un "produttore" senza produrre un CD fisico; la loro musica può essere acquistata da un cliente senza bisogno di un negozio di dischi o di un esperto che glielo consiglia. Notate bene che il canale di distribuzione in questo caso abilita una visibilità a livello globale (pluralità di soggetti che offrono - pluralità di soggetti che domandano). Il tutto avviene simultaneamente, scelta, pagamento, ottenimento del servizio. Il risultato oggi è che i negozi di musica sono quasi tutti chiusi, chi produce CD vergini e custodie per CD così come chi organizzava la distribuzione della musica su formati fisici hanno probabilmente chiuso la loro attività (qui un approfondimento). iTunesStore è il primo venditore di musica al mondo. Ma non è l'unico, non è un monopolio, oggi altre attività come Spotify stanno mettendo in discussione il business model di iTunesStore. Il bello dell'ICT è appunto la competizione! Yahoo ha aperto prima di Google ed aveva un'enorme fetta di mercato, oggi le parti sono invertite!  


Torniamo a UberPop ed in particolare ad un intervento del Ministo dei Trasporti e delle Infrastrutture, presente sul suo sito web:


Perchè Uberpop non rispetta le norme?
“Però – ha continuato il Ministro ai microfoni di Simone Spetia – noi dobbiamo intervenire per una semplice cosa: chi garantisce che, se una mamma o una figlia usano Uberpop come applicazione, colui che le va a prendere a fronte di un prezzo più basso, abbia l’assicurazione della sua macchina, sia abilitato a guidare quella macchina, non guidi in stato di ebbrezza? Chi dà la garanzia che quel servizio sia effettivamente un servizio pubblico efficiente e chi si assume la responsabilità di questo?”
“Quindi – ha spiegato ancora Maurizio Lupi – l’intervento duro è stato fatto su Uberpop e abbiamo detto con responsabilità, come è giusto che fosse in qualsiasi paese civile e quando si tratta di un servizio pubblico non di linea con corrispettivo di pagamento, devono esserci gli elementi previsti dalla legge perchè i soggetti esercitino.
Non è che un ragazzo solo perché ha tre ore di tempo può esercitare quella professione, perché, per esercitare quella professione deve dare delle garanzie come tutti gli altri lavoratori fanno”.


Nella risposta non si parla di norme in senso stretto, ma più che altro di rischi. Gli stessi che l'autostoppista, consapevolmente, o no, accetta quando decide di fare autostop. Se i problemi sono i rischi, vi sono delle soluzioni, ad esempio il Ministero dei trasporti potrebbe consentire, agli automobilisti che lo desiderano, la trasparenza dei loro profili presso la motorizzazione, in modo tale che coloro che usufruiscono del servizio possano sapere chi dà loro un passaggio a pagamento. Potrebbero far sapere: quando la vettura che utilizzeranno ha passato l'ultima revisione, la storia pregressa del guidatore, le eventuali multe e tutte le informazioni grazie alle quali si può giudicare l'affidabilità o meno della persona che offre il servizio e dell'automezzo che guida . Il tutto praticamente a costo ZERO!

Certo vi sono altre variabili, questa persona potrebbe aver guidato per 20 ore di fila, potrebbe essere drogato o ubriaco o mentalmente instabile. Tutti questi problemi possono essere però riscontrati ed essere ignoti al passeggero anche se il servizio viene fatto dalle altre due categorie. Il tassista potrebbe aver guidato per un numero di 15 ore la sua vettura privata in un contesto estraneo al suo lavoro e poi iniziare salire sul taxi, oppure, potrebbe assumere sostanze non compatibili con la guida e il passeggero non avrebbe alcun modo di saperlo! E' del tutto evidente che entrambi i guidatori devono rispettare il codice della strada! Se non si parte da questo concetto basilare, la mamma e la figlia descritte da Maurizio lupi non dovrebbero nemmeno camminare su un marciapiede, sia mai che un guidatore che utilizza UberPop (o anche no) esca di strada.


Senza cadere troppo negli estremi, stando alla descrizione del Ministro, anche l'autostop dovrebbe essere illegale, in quanto i rischi da egli esposti, sono gli stessi che una persona incontra nel fare l'autostop! Dovrebbe essere illegale BlaBlaCar così come altri servizi di sharing che il governo in primis dice di voler promuovere! La normativa promuove (D.M. 27/3/98) e predilige (articolo 22 legge 340 del 24 novembre 2000) la progettazione di sistemi di mobilità urbana al fine di ridurre l’uso individuale dell’automobile.


1. Al fine di soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione, assicurare l'abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l'aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione dell'uso individuale dell'automobile privata e la moderazione del traffico, l'incremento della capacità di trasporto, l'aumento della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane, sono istituiti appositi piani urbani di mobilità (PUM) intesi come progetti del sistema della mobilità comprendenti l'insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager, i sistemi di controllo e regolazione del traffico, l'informazione all'utenza, la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città. Le autorizzazioni legislative di spesa, da individuare con il regolamento di cui al comma 4, recanti limiti di impegno decorrenti dall'anno 2002, concernenti fondi finalizzati, da leggi settoriali in vigore, alla costruzione e sviluppo di singole modalità di trasporto e mobilità, a decorrere dall'anno finanziario medesimo sono iscritte in apposito fondo dello stato di previsione del Ministero dei trasporti e della navigazione.




Vorrei quindi capire in che modo il ministero definiva le attività di car pooling e car sharing nel 2000. Qui riporto le definizioni che potete tranquillamente cercare su Wikipedia.


Il termine inglese car pooling, corrispondente in italiano ad auto di gruppo o concarreggio, indica una modalità di trasporto che consiste nella condivisione di automobili private tra un gruppo di persone, con il fine principale di ridurre i costi del trasporto. È uno degli ambiti di intervento della cosiddetta mobilità sostenibile.

Il car sharing (dall'inglese auto condivisa o condivisione dell'automobile) è un servizio che permette di utilizzare un'automobile su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio, e pagando in ragione dell'utilizzo fatto.

La definizione di carpooling è, per come io la interpreto, una macro-categoria che può tranquillamente includere il servizio che viene erogato usufruendo di UberPop. Rimane il fatto che l'utilizzo dell'app si possa prestare ad organizzare un lavoro, più che per arrotondare mentre si fa un tragitto. Alla fine però, spero che tutti possiamo convenire che il car pooling, così come definito, ha gli stessi rischi descritti dal Ministro nella descrizione di UberPop. L'effetto "trust" che contraddistingue i servizi di car pooling (amici/famigliari/conoscenti) non è discriminatorio tra guidatori che lo fanno gratuitamente o per denaro, in quanto rimangono pur sempre persone che non effettuano quel servizio di professione come i tassisti e coloro che offrono un servizio di NCC. Quindi quando si accetta di salire e ottenere un passaggio, gratuito o pagato si accettano i rischi.

Se l'idea è quella di rendere illegittimo l'uso di UberPop per i motivi esposti dal Ministro, a questo punto dovremmo rendere illegittimo il passaggio agli autostoppisti, BlaBla.car, i servizi di carpooling e tutti i servizi digitali simili a UberPop che sono già sul mercato ma meno popolari!

Nel post precedente, che trattava Uber, comparavo l'attività del tassista vent'anni fa, oggi e tra vent'anni. Ebbene voglio chiudere con un intervista a un esperto, il direttore del Senseable City Lab - M.I.T. Boston - Carlo Ratti. Secondo ricerche derivanti da dati scientifici (non sparate elettorali che siamo abituati a sentire in questi ultimi giorni in campagna elettorale), nel medio futuro con l'ausilio di veicoli driverless e con lo sharing, l'esperto afferma che tutti potrebbero raggiungere il luogo desiderato, nei tempi desiderati utilizzando il 20% delle automobili! Quello che mi fa riflettere è l'ultima frase "..potremmo portare tutti a destinazione esattamente quando lo desiderano tirando via 4 macchine su 5 dalle strade!"

Vi invito a pensare a questa affermazione e poi calarla nel sistema economico così come lo conosciamo. Da lì capirete perché ho intitolato questo post "...sharing economy e una difficile via per il successo".

lunedì 19 maggio 2014

Uber, un esempio di qualcosa che non si può fermare, la tecnologia!

Uber, è un'applicazione che mette in comunicazione domanda e offerta per il trasporto di persone nei centri urbani mediante il servizio di noleggio con conducente (N.C.C.). In questi giorni si fa un gran parlare della disputa con le associazioni e i sindacati che rappresentano la categoria dei tassisti che vedono nell'applicazione la concorrenza sleale e addirittura l'illegalità!




Il problema delle disputa è una legge che differenzia il servizio offerto da taxi e servizi di noleggio con conducente. Riprendendo un articolo del fatto quotidiano:

La legge 21/1992 prevede che le auto ncc stazionino in un’autorimessa, che non girino sul suolo pubblico attendendo clientela e che il prezzo della corsa sia contrattato preventivamente. Oltretutto, per i noleggiatori non è previsto l’obbligo di corsa, come per i tassisti. Questo vuol dire che i ncc possono rifiutare alcune corse. “Noi chiediamo solo l’applicazione della normativa –  spiega Marco Marani del sindacato dei tassisti Unica Taxi Filt Cgil – qui a Milano fino a qualche mese fa si conviveva bene, perché ognuno faceva il proprio servizio, rispettando le regole. Con questa applicazione non viene rispettata la legge quadro”.


Questo è un tipico esempio di come la legge sia una barriera all'innovazione. La legge è del '92, non esisteva ancora l'SMS, che oggi sta pian piano scomparendo! L'applicazione è quanto di più comodo ci sia in termini di tracciabilità, interazione domanda-offerta, pagamenti e generazione di dati utili per capire il traffico e via discorrendo. Dall'altro lato, i tassisti hanno investito denaro in una licenza (in parecchi casi molto salata), che prevedeva determinate regole, e garantiva, con una certa probabilità, un certo ritorno economico. Un'esempio plastico di come non liberalizzando un mercato lo Stato abbia creato un pasticcio, ma soprattutto di come la tecnologia possa stravolgere un intero settore!

Questo è il punto fondamentale spesso sottaciuto o fatto passare in secondo piano nel dibattito nazionale. Prendiamo il lavoro del tassista/NCC (senza distinzioni: una persona impiegata nel guidare un mezzo per trasportare Tizio da A a B), oggi, vent'anni fa e pensiamo a come sarà la sua mansione tra vent'anni. Il lavoro di questo "prestatore di servizio" consiste nel trasportare un cliente ed eventualmente i suoi bagagli da A a B. Chiaramente, per sopravvivere nella concorrenza deve trovare clienti e/o associarsi con altri lavoratori nella stessa categoria in un'associazione che riceva le richieste per poi distribuirle ai vari associati e via discorrendo. Vent'anni fa questo tassista doveva conoscere la città o la zona dove abitava, studiarsi cartine, nomi di vie, insomma doveva imparare a fare un lavoro che richiedeva una certa pratica. Col tempo avrebbe poi appreso le strade più veloci in base alle diverse ore del giorno, si doveva tenere informato sui lavori in corso eccetera eccetera eccetera. Nei casi più avanzati aveva un cellulare e veniva chiamato dal centro base per una prenotazione, altrimenti veniva fermato per strada all'occorrenza. Quando il cliente saliva sulla vettura adibita al trasporto, il guidatore doveva capire l'indirizzo, attivare il tassametro, alla fine della corsa riscuotere, fare una ricevuta cartacea, tenere i conti per la dichiarazione dei redditi, versare un'eventuale percentuale all'associazione e chi più ne ha più ne metta. Oggi lo stesso lavoratore potrebbe non associarsi con nessuno, lavorare da solo e aspettare la richiesta diretta di un cliente per via telematica, questa una volta vagliata/accettata gli fornirà direttamente le coordinate del prelievo e della destinazione. Non serve che il guidatore sia super-esperto del luogo (anche se di certo aiuta); un GPS gli traccerà il percorso migliore, con applicazioni come Waze addirittura il tracciato migliore in real time tenendo conto del flusso sulle varie alternative, di eventuali lavori sui possibili tragitti e così via. Non dovrà riscuotere, il tutto viene fatto dall'applicazione, così come un altro software potrebbe gestire la dichiarazione degli introiti. Proviamo solo a immaginare come questo servizio sarà tra vent'anni; il guidatore forse non sarà più necessario o magari ci sarà ma non dovrà nemmeno guidare. Non è un segreto che Google abbia già testato una macchina senza conducente per migliaia di miglia con risultati straordinari.



La morale di questo racconto è che sparisce sempre più tutto ciò che è accessorio, fino ad arrivare a rimuovere l'apporto umano a un determinato servizio. Di per sè Uber facilita l'interazione domanda offerta eliminando tutto il superfluo; coloro che si occupano di prendere e trasmettere la prenotazione, la gestione del contante/pagamento, la perdita di tempo per contrattazione e possibili misunderstanding su prelievo e destinazione. Tutto questo generando dati su corse, traffico, prenotazioni, fatturazioni e molto altro in maniera automatica in modo da poter gestire tale servizio in maniera sempre più efficiente grazie all'analisi dei dati. Forse non ve ne siete accorti ma tuttociò succede più o meno in tutti i settori!

Al termine degli anni '80 sono stati introdotti quelli che noi chiamiamo in maniera impropria "Bancomat". La sigla inglese ATM ha molto più senso e significa Automated Teller Machine. Ossia una macchina automatica che sostituisce lo sportellista. Vi ricordate la pubblicità di Autostrade S.p.A. "abbiamo inventato il Telepass che vi fa risparmiare tempo", cancellando o riducendo all'osso i casellanti, così come i Tutor e l'Autovelox riducono il numero di poliziotti necessari a far rispettare il codice della strada. In aeroporto il check-in è automatico, così come il baggage-drop per molti voli low cost, il biglietto ormai non lo stampi più, mostri un QRCode sullo smartphone. La musica non si acquista più né nel negozio specializzato né sulle bancarelle alla sagra del paese ma principalmente su piattaforme online come iTunes Store, con relativo crollo dei posti di lavoro nell'indotto (qui ne parlo in dettaglio). Iniziano a diffondersi anche le casse automatiche ai supermercati dove la gente si passa i prodotti acquistati e paga con carta di credito, senza la necessità di operatore, come si usa da anni ai distributori di benzina automatici. In Danimarca perfino i pacchi e le lettere seguono lo stesso principio, ci sono delle postazioni con computer e bilancia dove i cittadini pesano buste e pacchi, applicano i bolli che vengono stampati in base ai dati immessi e portano infine il pacco nello scomparto indicato per la spedizione. Ancora ricordo quando sono salito la prima volta sulla metro; seduto in prima fila avevo davanti solo il vetro, la metro a Copenaghen è senza conducente. I casi di cui si potrebbe parlare sono molti, ma non vado oltre.

Cosa manca in questo elenco? Bè mancano i servizi erogati dalla PA! Nella mia provincia stanno iniziando ad automatizzare le prenotazioni dei servizi sanitari centro unico prenotazioni (CUP). Da internet si possono semplicemente prenotare visite di vario genere. Stanno anche lavorando per mettere online il catasto ed hanno imposto l'iscrizione degli alunni di scuole elementari, medie e superiori via internet. La strada da fare è però lunga e la macchina dell'amministrazione pubblica va lenta con qualcuno che gli buca le gomme. Già, perché così come succede in questi giorni con i tassisti, quando una tecnologia mette in pericolo lo status quo o la posizione che garantisce uno stipendio con cui vivere, non fa piacere a nessuno accettare che il proprio lavoro sia messo in discussione da qualche riga di codice. Consiglio un paio di libri scritti dalla stessa coppia di docenti dell'MIT: "Race Against The Machine" (2011) e "The second Machine Age" (2014) By Erik Brynjolfsson and Andrew McAfee.



La verità è che prima o poi tale cambiamento avverrà (sono le regole del "gioco"), più si ritarda e più se ne pagheranno i costi! Non si può (e non si deve) fermare o rallentare l'innovazione, bisogna rendersi conto che il modello economico-sociale così come lo abbiamo conosciuto per anni sta cambiando radicalmente. Dobbiamo mettere questo aspetto al centro del dibattito politico, senza se e senza ma. La rivoluzione digitale sta attaccando in maniera preponderante il terziario, quel settore dove nei paesi industrializzati è impiegato il 70% della forza lavoro occupata! Regolamentare il mercato per fermare la crescita di soluzioni innovative non è la soluzione! Bisogna ragionare sugli impatti della tecnologia sul lavoro e valutare se questo stia man a mano perdendo il suo valore originale all'interno del sistema socio-economico. In tal caso, la riforma del lavoro necessaria sarebbe molto più ampia di quella al vaglio del nostro parlamento in questi giorni...

Ho posto la domanda relativa a questo fenomeno che più di ottant'anni fa Keynes chiamava "Technological Unemployment" a Romano Prodi qualche mese fa, ecco la sua risposta: