giovedì 3 aprile 2014

Il mercato della musica, un esempio di come i posti di lavoro spariscono silenziosamente

Vi ricordate la musicassetta? Molti risponderanno "sì" eppure per le nuove generazioni nate a cavallo del nuovo millennio, potrebbe essere un oggetto che hanno distrattamente visto solo nei centri commerciali o negli auto-grill accatastate in grandi espositori come fossero materiale da vendere al chilo. Questa introduzione ad altri farà invece tornare alla memoria ricordi di un'adolescenza diversa dove la musicassetta era il supporto principe per la distribuzione e l'ascolto della musica. Ebbene, io la ricordo molto bene, mi ricordo questo piccolo box di plastica con all'interno il nastro magnetico che, mosso da meccanismi fisici, scorreva riproducendo la mia musica preferita. Già, perché anche da adolescente amavo la tecnologia e componevo le mie compilation con le canzoni che più mi piacevano in un preciso momento. Ricordo ancora quando chiedevo ai miei genitori di comprarmi le cassette vergini, volevo de TDK da 90 minuti, le più capienti e con la custodia affusolata. A quel punto con il mio stereo a doppia piastra costruivo man a mano il mio mix, in un continuo scambio di cassette nella piastra A (acquistate alle fiere di paese o nel mio negozio di musica preferito) e un loop interminabile di PLAY-RECORD-FF. Alla fine avevo la mia musicassetta con il mio mix personale, alla quale applicavo le etichette che avevo scritto con cura e nella custodia inserivo il classico resoconto dei titoli: lato A e lato B. Ho riascoltato quelle musicassette ore ed ore, anche con il mio fedele Walkman. Ogni tanto ricordo ancora i momenti in cui il nastro usciva e con calma lo riavvolgevo all'interno della musicassetta con una matita. Mia mamma usa ancora alcune di queste musicassette...
La musicassetta fu immessa nel mercato nel 1963 dalla Philips (che vent'anni dopo introdusse anche il CD). Fu quella che oggi definiremmo una "disruptive innovation" in quanto rivoluzionò il mercato della musica. Il supporto utilizzato precedentemente, il disco in vinile, aveva molte limitazioni alle quali la musicassetta apportò un rimedio. Tuttavia i dischi in vinile esistono come mercato di nicchia tutt'oggi, secondo esperti e audiofili la loro qualità è addirittura superiore alle tracce audio registrate in formato FLAC. Ad ogni modo possiamo dire che la musicassetta ha sostituito in gran parte il disco in vinile così come il CD ha poi sostituito (in gran parte) la musicassetta. All'inizio degli anni novanta un gruppo di esperti presieduti da un italiano, Leonardo Chiariglione, sviluppa la codifica che poi sarebbe diventata popolarissima con l'estensione "MP3". Quella fu in tutti i sensi una "disruptive innovation"! Il mercato non era ancora pronto per quell'innovazione, negli anni '90 anch'io, come molti, continuavo ad acquistare musicassette e CD. Le fabbriche che producevano musicassette potevano essere convertite alla produzione di CD così come coloro che producevano il package, artwork e per i negozi e le bancarelle il cambio di formato non cambiò sicuramente molto la vita. Siamo alla fine degli anni novanta, l'era di Napster e del P2P che inizia progressivamente a minare il mercato della musica per vie illegali. Il P2P è solo il preludio di un cambiamento epocale. Le infrastrutture sono mature e la tecnologia pure, Apple lancia quella che fino ad ora è ricordata come il suo successo che maggiormente ha cambiato un mondo, quello che interessò proprio il settore della musica. Sto parlando di iTunes Store e dell'iPod. Il tipico esempio per spiegare che innovazione non è sinonimo di invenzione. Molti avevano già lanciato prodotti simili all'iPod che potevano riprodurre file musicali e alcuni avevano tentato di aprire un e-commerce basato sul settore musicale. E' il 2001, Steve Jobs stava lanciando qualcosa di molto più che un prodotto, aveva concretizzato una visione, aveva creato un'ecosistema che di lì a poco avrebbe portato iTunes Store ad essere il maggior distributore di musica a livello globale.



Prima di tornare al presente, fermiamoci a qualche anno fa, prima che nascessero servizi come Spotify o Grooveshark e simili. Prendiamo ad esempio un adolescente all'inizio di questo decennio, appassionato di tecnologie come lo ero io vent'anni fa (e come lo sono tutt'ora) ha le mie stesse passioni, gli piace la musica, e vuole avere le sue canzoni preferite sempre con se. Questo ragazzo probabilmente acquista gli album dei suoi artisti preferiti online pagando digitalmente, ha la sua collezione musicale organizzata in un software apposito e forse la salva anche nel cloud. Quando vuole fare un mix dei diversi album acquistati, crea virtualmente una nuova playlist a cui dà un nome, seleziona le canzoni che vuole aggiungerci e il gioco è fatto. Il software stesso crea playlist per lui basandosi su storico e statistiche risparmiandogli a volte anche questo passaggio. Quando questo ragazzo è a casa, indipendentemente dalla stanza in cui si trova, può ascoltare tutta la sua libreria musicale utilizzando Smart TV, iPad o semplicemente casse acustiche collegate al WiFi di casa che riproducono la musica dal NAS condiviso in rete. Quando non è a casa questo ragazzo ascolta la musica grazie al suo smartphone che collegandosi in WiFi alla rete casalinga sincronizza le canzoni da aggiungere e togliere in base alle preferenze settate sulla libreria, senza neppure richiedere un'operazione da parte sua. Quando sale in macchina collega il suo smartphone al sistema di infotainment e controlla i suoi brani preferiti direttamente dal volante. Pensate che alcuni tra i più moderni portatili vengono addirittura venduti senza lettore/masterizzatore CD/BluRay in quanto tale strumento sta effettivamente diventando anacronistico.



Analizzando le differenze tra me e questo ragazzo immaginario a differenza di vent'anni possiamo notare parecchie differenze. In primo luogo questo ragazzo non acquista la musica sulle bancarelle e nemmeno in negozi specializzati, perché anche cercandone difficilmente ne troverebbe! Effettua invece acquisti online facendo così scomparire la necessità del contante, degli scontrini fisici, di tenere dei registratori di cassa, di contabilizzare in maniera fisica entrate e uscite, cancellando cioè tutte quelle operazioni che venivano svolte da qualcuno. Una volta effettuato l'acquisto la musica è disponibile sul device (e a volte addirittura nel cloud personale) nel giro di qualche minuto, chiaramente in base al tipo di connessione. Questo ragazzo non è andato in macchina al negozio, non ha preso un bus pubblico, no, non ha nemmeno consumato la suola delle scarpe! A parte il sarcasmo, quell'album acquistato non è stato registrato su un supporto, non è stato confezionato in un package, non vi è stata apposta una copertina, o marchio SIAE, non è stato trasportato dal centro di produzione ai vari centri di distribuzione e non è stato nemmeno consigliato dal commesso di turno. C'è di più, il fatto che quel determinato album venga acquistato una, cento o dieci milioni di volte ha un effetto pressoché nullo sui costi di produzione e di distribuzione (e quindi sulla relativa occupazione). Quel file verrà infatti ospitato da dei server che all'aumentare delle richieste allocheranno maggiori risorse in maniera automatica per soddisfare tali richieste, tutto qui. In definitiva possiamo osservare che l'occupazione nel settore è crollata, semplicemente per il fatto che molti processi intermedi tra la domanda e l'offerta sono scomparsi e soprattutto non sono più strettamente dipendenti dalle vendite come numero assoluto!



Qualcuno potrebbe obiettare che il digitale, e quindi il comparto del digitale che tratta la musica, ha creato moltissimi posti di lavoro. Probabilmente sentirete molti esperti e studiosi dire che ogni posto di lavoro nell'ICT ne genera 5 nell'indotto e che vi sono studi e perizie che lo confermano. Io non dico assolutamente che si sbagliano, lavoro nel digitale, queste rappresentazioni mi fanno piacere; sarebbe però giusto calcolare anche quanti posti di lavoro sono stati tagliati da ogni posto di lavoro nell'ICT. Apple, che gestisce l'iTunes Store occupa  circa 80.000 lavoratori in tutto il mondo ("Apple's Jobs creation". Apple.com. November 30, 2013. Retrieved November 30, 2013.). Spero che possiamo tutti convenire che non tutti siano impiegati nella gestione dell'iTunes Store per la parte musicale, ma supponiamo per un momento che lo siano. Vi dò altri numeri:


"On October 10, 2012, the iTunes Store was reported to have a 64% share of the online music market, and a 29% share of all music sales worldwide."

["iTunes Dominates Download Market & Streaming Audio Grows". CEPro.com. October 10, 2012. Retrieved October 16, 2012.]

Questo significa che circa 3 canzoni su 10 nel mondo sono distribuite con successo e acquistate tramite una piattaforma praticamente automatica o self service, che viene mantenuta da un numero di addetti minore di 80.000. Certo, tutta l'opera di creazione delle opere musicali, così come le artwork e il marketing esiste ancora anche se molto più evoluto che vent'anni fa. Ciò non cambia la conclusione che moltissimi posti di lavoro sono spariti, qualcuno direbbe in maniera silenziosa, senza serrate, senza scioperi senza che la comunità ne parli.

Arriviamo ora ai giorni nostri, nuovi servizi basati sulla musica hanno da poco debuttato sul mercato con un discreto successo, Spotify è forse l'esempio migliore. Questi attori hanno innovato la cultura della musica spostando il concetto dal possesso (compro un album perché sia mio) alla fruizione (noleggio una canzone per il tempo dell'ascolto) utilizzando pacchetti formule free e premium, il tutto ovviamente reso possibile sempre dalla tecnologia (non dimentichiamolo). In inglese tradurremmo questo processo in "servitization" e non è certo nuovo all'economia. Fatto sta che questa innovazione nel mercato della musica ha creato nuove forme di introito, quello che mi chiedo è se avrà creato nuovi posti di lavoro. Per "nuovo" intendo una variazione positiva della bilancia occupazionale, non che vi siano semplicemente lavori fino a poco tempo prima non praticati.

"La gente continuerà ad acquistare musica" (diceva Steve Jobs), il mercato potrà essere in calo o in crescita, indipendentemente da ciò gli occupati che fanno girare quel mercato e fanno sì che la domanda sia soddisfatta oggi sono meno di vent'anni fa e se possibile saranno ancora meno a breve. Del resto questo cambiamento lo abbiamo visto nella storia, basta controllare un grafico degli impiegati nei vari settori produttivi per notare come la tecnologia ha mano mano eroso posti di lavoro, ad iniziare dai lavori manuali, sostituendo quindi la forza, l'agricoltura è un facile esempio, per poi automatizzare processi industriali fino ai giorni nostri quando la tecnologia va a sostituire mano a mano compiti sempre più specifici e di intelletto anche nel terziario. 


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